Meno zie e più lettori

Teresa Porcella

Tra le domande più ovvie e frequenti che ogni scrittore o scrittrice si sente fare negli incontri col pubblico, c’è di sicuro questa:

 

“Quale è l’autore che l’ha maggiormente influenzata?”

 

L’ovvietà, che in sé potrebbe essere quasi innocua,  si carica dell’aggravante del didatticismo, quando il quesito viene posto da adulti in presenza di ragazzi in un contesto “controllato” più o meno formale (università, scuola, biblioteca, festival letterario…), per cui si attende che l’oratore, per guadagnarsi l’appellativo di auctor che lì lo ha condotto, mostri e dimostri ascendenze e riconoscenze che siano di modello agli ascoltatori, pena l’immediata degradazione dalla posizione di intrepido condottiero di coscienze a quella di inefficace miles gloriosus di fanfaronate letterarie.

 

La discendenza “per li rami” è, per chi scrive, l’unica patente consentita e riconosciuta di qualità.

 

Forse è perché di queste patenti ne ho viste esibire tante, che oggi mi va di riportare qui la risposta che, a questa domanda, ha dato lo scrittore svizzero Peter Bichsel, nella sua raccolta Al mondo ci sono più zie che lettori, pubblicata in Italia ormai 33 anni or sono da Marcos y Marcos (se non l’avete mai letta: fatelo! Sia questo libro che Il lettore e il narrare, sempre Marcos y Marcos, sono due scrigni preziosi per chiunque voglia ragionare di libri e lettura). 

 

Nel saggio E mille grazie del bel libro per bambini, Bichsel racconta che l’autore che lo ha maggiormente influenzato è Koch. 

Il signor Koch. 

 

Se per un attimo avete accusato la sindrome dell’impostore o se, in un momento di pubblica onestà avete ammesso di ignorare chi Koch sia, sappiate che non siete soli in questo disagio. 

 

Il signor Koch, infatti, è autore del Grande manuale di Koch sulla pittura, ovvero è l’autore di un manuale per imbianchini usato dal padre di Bichsel, che proprio quel mestiere praticava, sconosciuto ai più.

A casa del piccolo Peter i libri erano pochi, ci dice, e stavano tutti sullo scaffale (singolare) dei libri, della lunghezza di un metro scarso. Il Manuale Koch era posto accanto al grosso volume delle preghiere di Lutero, alla Bibbia e a un libro sul deserto di Gobi (cui mancavano le prime pagine) e a un libro sui prigionieri, i ratti e il freddo della Siberia.

 

«Il Grande manuale di Koch sulla pittura era azzurro e voluminoso. È stato un mio grande amore. Conteneva (così mi pareva) il mondo intero, perlomeno il mondo di un pittore ma anche molto di più. Infatti sotto a un’illustrazione c’era scritto: “Facciata di una casa di Berlino”, e Berlino era molto lontana. E anche se nella fotografia si vedeva solo una casa e niente del resto di Berlino, per me si trattava di una prova dell’esistenza di questa città, della scoperta che anche molto lontano ci sono ancora delle cose.
Il Grande manuale di Koch sulla pittura era un libro ideale per l’infanzia. A nessuno veniva in mente di spiegarmi quel libro, e se ero io a fare delle domande mi spiegavano che era troppo noioso. […] Osservavo le immagini e mi inventavo delle storie, per esempio una storia su Berlino in cui il colore rosa pallido aveva grande importanza dato che la fotografia corrispondente mostrava una casa con la facciata rosa pallido.
Inoltre, aspettavo con ansia che mi insegnassero a leggere; io avevo già una mia ragione personale per voler imparare. Ardevo dal desiderio di confrontare le mie storie con il testo del signor Koch».

 

Inutile aggiungere che quando Peter, ormai capace di leggere, confronterà le storie che si era inventato con i testi scritti da Koch, la delusione sarà cocente. Ma, intanto, è proprio per scoprire quelle storie deludenti, che Bichsel si sforza di imparare a leggere , senza farsi scoraggiare dalla “noiosità” del libro, poiché, avendo in casa poche alternative, aveva deciso che, intanto, lo avrebbe letto tutto.

 

«È così che sono diventato un lettore, cioè uno che prova già un certo piacere a ordinare le lettere una dietro l’altra. E curiosamente ho imparato poco o niente sulla tecnica della pittura. Quello che mi colpiva era la lingua, una lingua molto infiorettata, terribilmente complicata e che a me sembrava elegante e nobile».

 

Se la decodifica del testo scritto è compito innaturale, che va appreso, è altrettanto vero che per farlo bisogna avere una motivazione: la lettura del mondo e delle cose, che è invece attitudine innata, è quella motivazione. I libri sono, per Bichsel, un inventario delle cose del mondo, e il mondo per essere letto e indagato tutto, va decodificato nella concretezza delle sue molte declinazioni, nei suoi molti linguaggi, nei suoi caratteri anche complessi, senza che nessuno ce lo spieghi o voglia sollevarci dalla noia (gioia?) di una lingua “elegante e nobile”, che si pensa poco adatta a un bambino.
A chi pensa che per i bambini ci sono i libri per bambini, rispondo che così la pensavo le vecchie zie di Bichsel alla cui malsana generosità era per lui impossibile scampare.

 

«Ho un ricordo molto sbiadito di quei libri. Evidentemente le mie zie mi regalavano solo libri che a loro non piacevano molto: forse perché i libri in assoluto non dicevano loro niente, oppure perché erano convinte che io fossi troppo giovane per leggere tutto quello che piaceva a loro. Spesso, evidentemente, si sforzavano addirittura di offendermi. Mi regalavano dei libri che a loro giudizio rispecchiavano il mondo dei bambini. Ma io in questo mondo vivevo quanto gli altri bambini, cioè pochissimo. Il mondo dei bambini è un’arrogante invenzione degli adulti, che intendono con ciò il mono del grazioso, dell’indifeso, dell’innocuo. A me non interessava il mondo dei bambini, a me interessava semplicemente il mondo».

 

Ecco, mi piace pensare ci siano sempre autori e lettori, autrici e lettrici, in grado di scongiurare il rischio della ziaggine culturale, un luogo dove non si sarà spazio per i libri per soli bambini, ma dove avranno casa, sempre, i bei libri per tutti, capaci di farsi trovare e di far andare un bambino libero nel mondo: appena avrà fatto il primo passo, sarà già un lettore.

Teresa Porcella

Cagliaritana, ha studiato canto, violino, danza e teatro. Laureata in Filosofia, si è specializzata in Progettazione editoriale multimediale a Firenze, dove attualmente vive e insegna presso TheSign Comics & Arts Academy. Autrice, performer, progettista, editor, svolge attività di formazione, laboratori e spettacoli in tutta Italia. I suoi libri sono tradotti in Spagna, Stati Uniti, Brasile, Cina, Turchia. Nel 2018 ha avuto la Menzione speciale al Premio Rodari con Il formichiere Ernesto, Coccole Books e nel 2019‐2020 ha vinto il Premio Procida Elsa Morante –Il mondo salvato dai ragazzini con Quelli là, Bacchilega Junior, e nel 2021 il Primo premio al concorso di poesie Oreste Pelagatti con Prima e poi, Bacchilega Junior. Il suo ultimo libro è Aiutiamoli a fare da soli. Maria Montessori si racconta, Editoriale Scienza. Come editor ha vinto il premio Andersen nel 2015 per la collana di poesia Il suono della conchiglia, Motta Junior, e nel 2018 con la collana Rivoluzioni, LibriVolanti. Nel 2005 ha fondato l’Associazione di promozione alla lettura Scioglilibro onlus, di cui è presidente. www.scioglilibro.it

Lettura consigliata
Al mondo ci sono più zie che lettori
Peter Bichsel