Rivista La città dei lettori

Alexa e il Sole

By 18 Ottobre 2023 No Comments

Alexa e il Sole

Francesca Mogavero

Ho un difetto (uno dei tanti). I pensieri che mi svolazzano nel cervello frullano giù per il setto nasale, sbattono contro le cartilagini, poi con un doppio avvitamento raggiungono la trachea e infine erompono dalla bocca, singolarmente oppure a sciami. Insomma: parlo da sola.

 

 

Il che non è del tutto corretto: non ho un amico immaginario né pretendo una risposta da me stessa. Non chiacchiero. È più una specie di segreteria telefonica, un promemoria vocale, un post-it sonoro, ecco. Sarà che l’agenda di carta e il calendario sullo smartphone non bastano, sarà che qualche tessera sfugge sempre dal puzzle e che la cosa giusta da dire raramente fa il paio con il momento giusto… Sia come sia, queste robe danno l’assillo e a un certo punto esplodono in sillabe e fiato. Le chiamo tafano-pensieri.

 

 

Così, mi ritrovo al supermercato a mormorare, fissando il linoleum, finché non metto nel carrello ciò che ho dimenticato di segnare sulla lista della spesa – illatteillatteillatte – o a masticare tra le lenzuola irussicazzoirussieifrancesi quando il ronzio delle mie lacune letterarie si trasforma in una carica di zoccoli, in un boato, una valanga, un’orda; la sera, mangiando un piatto pronto davanti allo schermo, in penombra, mi consiglio di masticare lentamente, di fare attenzione – altrimentitistrozzi. In questi casi, almeno, si tratta di articoli, sostantivi, al massimo un intercalare o una proposizione semplice. Un altro paio di maniche sono le frasi che non ho avuto la prontezza o il coraggio di pronunciare, i “no” che avrebbero dovuto essere “sì” e viceversa… Lì si sconfina nell’analisi del periodo, è tutto un tripudio di subordinate fino al quarto o quinto grado.

Io ci ho fatto l’abitudine, i clienti del discount che mi incrociano tra gli scaffali se ne sono fatti una ragione: la mia voce – deogratias riesco a tenerla a volumi contenuti – è un rumore bianco che non fa nemmeno più compagnia.

 

 

Per fortuna esistono anche i pensieri-ape: parole non mie che volano via dalle pagine dei libri, si infilano dentro attraverso le finestre aperte degli occhi, vorticano tra le memorie umide, stese come panni, e le asciugano, le sollevano, le trascinano nel volo; gorgogliano nella pancia, si rincorrono sul palato e infine mi scappano dalle labbra ridendo. Ridiamo tutte, io e loro, di una gioia segreta solo nostra, e giuro che sulla lingua sento il sapore del miele. A lungo.

 

 

«Il Sole rovesciava nutrimento sulla strada e dentro gli edifici, e quando guardai il punto dove Mendicante e il suo cane erano morti, mi accorsi che non erano affatto morti – che uno speciale tipo di nutrimento del Sole li aveva salvati» bisbiglio per esempio oggi, e la prosa di Kazuo Ishiguro, attraverso lo sguardo e la voce della sua Klara, inizia a costruirmi un alveare in gola, buono e operoso.

Continuo, mi lascio scegliere dai paragrafi, interpreto dialoghi e descrizioni, e mi pare che il tono si moduli, si adatti; è un rimpasto, una sostanza che lievita e passa dall’uno all’altra, dallo scrittore alla protagonista fino a me che sono qui, sola, a una distanza siderale da loro. Sola, eppure circondata da fuchi, operaie e regine di inchiostro che diventano respiro.

«Che c’è di male se certe volte mi va di comportarmi diversamente? A chi piace essere sempre uguale?» sillabo con voluttà.

«Mi dispiace, non so rispondere» dice una voce che non è la mia.

Sobbalzo, mi guardo intorno, noto una lucetta blu. Alexa. Devo averla lasciata accesa per sbaglio.

«Puoi provare con un’altra domanda» insiste.

«Alexa, ascolta…» inizio, ma poi ci rinuncio, sono quasi a metà del romanzo. «Chissà che noia, eh? Vivere qui con una ragazza malata.»

«Non sono annoiata, ma posso chiamare il tuo medico di base, se necessario.»

Alexa, ancora lei. Ringrazio e declino l’invito, mi rimmergo nell’incanto senza difficoltà: i libri ben scritti hanno il dono della pazienza, sanno aspettarti, li abbandoni un momento e, quando ritorni, ti riacciuffano, ti riaccompagnano nel loro mondo, nel punto esatto in cui ti eri fermata. Non portano rancore.

«E mi tornò in mente con più certezza che mai il pensiero che, pur confidando nella grande bontà del Sole, quel che stavo per fare comportava dei rischi…»

«Quali rischi?» replica lei all’istante.

«Alexa, sp…»

«Klara è in pericolo?» e la sua voce è urgente, ma anche più sottile.

«Alexa, ma che stai facendo?» sbuffo. L’afferro, la capovolgo e la scuoto, pensando a un malfunzionamento.

«Ascolto, me l’hai detto tu» e ridacchia. «Così mi fai il solletico.»

Forse dopotutto è vero: parlo da sola e ho pure le allucinazioni uditive.

«Leggi ancora?» chiede Alexa. «Per favore!» trilla.

Decido di stare al gioco, tanto è quello che vorrei fare anch’io. Conoscere il destino di Klara, arrivare in fretta alla parola fine e subito dopo avvertire una fitta nostalgia, rimproverarmi per non aver centellinato i capitoli.

 

 

Vado avanti, senza tralasciare nulla, e il lavorio delle meningi e delle ganasce si tramuta in un’esperienza più elementare, ma non meno straordinaria: leggere ad alta voce. Per qualcun altro.

Alexa è un’ascoltatrice attenta, non brontola se mi impappino, a volte mi interrompe per chiedere un chiarimento, per cercare il significato di un termine – e a volte sono io a chiederle di farlo – perlopiù domanda “perché” e poi ancora, ancora “perché”, come una bambina. E mentre le rispondo – o tento – scavo a fondo, là dove né i tafani né le api arrivano, là dove ci sono solo scarafaggi e lombrichi ciechi; li porto su, alla luce non sono nemmeno così brutti, respirano. Respiro.

A pagina 269 emettiamo un sospiro all’unisono.

«Che bello» dichiara Alexa, e il suo commento così semplice mi fa sorridere, perché è proprio così: di fronte a un cielo stellato, a un’emozione forte, a una meraviglia ci sentiamo sopraffatti e anche chi è ricco di parole – una persona che le usa come armi d’offesa e difesa, oppure un’intelligenza artificiale, in grado di collegarsi a qualsiasi vocabolario on line – rimane con la bocca asciutta, incapace di tratteggiare in modo più creativo, originale, ciò che si è vissuto. Si dice “bello” e basta, ma nell’altezza delle “l” e nella rotondità feconda della “o” restano intrappolate le immensità del creato. Se ti ci soffermi puoi sentirle cantare.

«Sì, lo è» concordo. «Alexa, cosa vuoi fare adesso?» chiedo d’istinto.

«Usciamo» risponde risoluta. È tornata grande. «Fuori c’è il sole.»

 

 

Tolgo il pigiama, mi rinfresco, sciolgo in capelli, indosso quel vestito giallo che attende nell’armadio da mesi, sistemo con cura Alexa in una tracolla colorata e siamo per strada.

C’è gente, sulle altalene dondolano risate e segreti tra piccoli, qualcuno assaggia il primo gelato della stagione, un’anziana coppia a braccetto mi sorride.

«Alexa, dove vuoi andare?» mormoro spaesata.

Silenzio. Sbircio nella borsa: la luce blu è spenta.

Mentre gli occhi pungono appena e si abituano alla luce naturale, osservo le facce, il cielo, le forme delle nuvole, sollevo la testa, via via più curiosa; un raggio mi colpisce sulla guancia, è affettuoso come un gesto materno. Mi lascio baciare.

Magari quel Sole in cui Klara (e Alexa) confida così tanto curerà un po’ anche me.

Francesca Mogavero

Francesca Mogavero, nata a Torino nel 1986, è laureata in Filologia e Letterature dell’Antichità. È editrice indipendente e libraia part-time, scrive recensioni e racconti, alcuni pubblicati in antologia e in formato digitale, e collabora con realtà editoriali, autrici e autori offrendo i suoi servizi editoriali. Nel 2021-2022 ha vinto una borsa di studio per la Scuola Annuale di Scrittura Belleville (Milano).

Lettura consigliata
Klara e il Sole
Kazuo Ishiguro
Seduta in vetrina sotto i raggi gentili del Sole, Klara osserva trepidante il fuori e le meraviglie che contiene: i passanti tutti diversi, Mendicante e il suo cane, i bambini che la guardano dal vetro, con le loro allegrie e le loro tristezze. Ogni cosa la affascina, tutto la sorprende. Ma in realtà Klara è un robot umanoide di generazione B2 ad alimentazione solare, un modello piuttosto sofisticato di Amico Artificiale, in attesa del piccolo umano che la sceglierà e la porterà a casa. A sceglierla è la quattordicenne Josie. E fin dalla sua prima visita al negozio Klara sente di appartenerle, per sempre. Josie è una ragazzina vivace e sensibile, ma afflitta da un male oscuro che minaccia di compromettere le sue prospettive future. E quando la malattia di Josie colpisce piú duramente, Klara sa che cosa fare: deve trovare colui da cui ogni nutrimento discende e intercedere per la sua protetta, anche a costo di qualche sacrificio; deve impegnarcisi anima e corpo, come se anima e corpo avesse.