Di passaggio

Antonello Sarro

Appena finito di leggere Il passeggero mi viene in mente di fare un gioco. Faccio finta che Cormac McCarthy sia un esordiente, magari italiano, nato diciamo a Frosinone, o al massimo tra Frosinone e Latina, rispondente al nome di Arturo Filesi.

 

Arturo si presenta in casa editrice con il suo romanzo dal titolo Il passeggero sotto braccio. Dopo quaranta minuti di anticamera l’editore lo accoglie nel suo ufficio. Lo fa accomodare. Lo guarda. Scuote la testa, sospira.

«Filesi — gli fa — ho letto il suo libro. Non so da dove cominciare.»

«Mi dica.»

«Beh ecco. Iniziamo da qui: apprezziamo il suo sforzo.»

«La ringrazio.»

«Ci sono alcuni spunti interessanti.»

«Bene.»

«Però…»

«…però?»

«Beh, ecco. Le dirò le cose in ordine sparso, così come mi vengono in mente, va bene?»

«Ci mancherebbe.»

«Anzitutto, il titolo: Il passeggero. Di questo passeggero, il passeggero mancante di un volo privato finito sott’acqua, si fa menzione solo a inizio romanzo, ma poi se ne perdono le tracce. Noi tutti ci aspettavamo una trama più coerente. Ci aspettavamo, almeno a giudicare dalle prime pagine, un romanzo di investigazione, magari un giallo…».

«Eh».

«E invece di questo passeggero dopo un po’ non se ne sa niente. Quindi magari, per invogliarla a continuare a scrivere, dato che mi sembra uno che ci sa fare, le consiglierei di insistere maggiormente su una trama di ricerca, sul versante del giallo, del noir, se vuole…»

«D’accordo però — sarebbe intervenuto Arturo — io volevo intendere altro con quel titolo, con quella trama.»

«Guardi — e qui l’occhio dell’editore si sarebbe fatto più serio — si lasci consigliare da uno che ci capisce qualcosa. Il lettore va coccolato, lo deve prendere per mano dalla prima all’ultima pagina. Una trama robusta è il primo ingrediente del successo».

«Per me il titolo invece si riferisce alla condizione esistenziale dell’individuo, al nostro essere di passaggio nella vita…»

«E arriviamo dritti al secondo punto.»

«Che sarebbe?».

«Che sarebbe: tutti quei riferimenti alla morte sono davvero necessari? Il pubblico ha bisogno di positività, di trame solide, allegre. Il suo, se permette, è un canto lugubre.»

«Beh, volevo descrivere un mondo senza Dio. Intendo, integralmente senza Dio. Il dramma di essere costretti a vivere sostanzialmente per morire.»

«Ascolti, Filesi. Lasci perdere questa pesantezza. Si dedichi piuttosto ad argomenti più solari. Mi vuole far cadere in depressione la studentessa al secondo anno di Lettere? Vuole davvero che le persone, potenzialmente il suo pubblico, si intristiscano?»

«Beh, no. Certo che no. È solo che…»

«Lo sa cosa funziona davvero?»

«Cosa?»

«Le storie d’amore. Quelle belle. Quelle a lieto fine. Lei invece mi imbastisce un mezzo rapporto incestuoso con la sorella. Sorella che, tra l’altro, è pure morta suicida. Insomma, lo capisce anche da solo, no? Incesto: brutto. Suicidio: brutto.»

«Beh, sì. Volevo però che fosse una sorta di metafora sull’irraggiungibilità del concetto stesso di amore.»

«Ma lo sente come parla? “Irraggiungibilità”, “metafora”, “concetto”. Lo capisce benissimo anche da solo che non ci si approccia così a un libro. A un romanzo, anzi.»

«Beh…»

«Vogliamo continuare?»

«Abbiamo alternative?»

«Bene. Pagine e pagine di nozioni di fisica, dove le mettiamo?»

«Dove le mettiamo?».

«Non è necessario che faccia sfoggio gratuito di cultura, sa?»

«…va bene…»

«Sia umile, via. E poi. Si rende conto che in alcune parti nemmeno si capisce quale personaggio stia parlando? O mi vuole raccontare che è voluto anche questo?»

«A dire il vero, sì.»

«Ma per favore! Gliel’ho detto fin dall’inizio! Il lettore va preso per mano! Per-ma-no!»

«Ok.»

«Facciamo una cosa. Il manoscritto, non lo nego, è potenzialmente buono.»

«La ringrazio».

«Ci rimette mano, toglie tutto quello che c’è togliere, mi aggiusta la trama, i dialoghi, lo fa diventare un bel romanzo di quest, ok?. ‘Sto maledetto passeggero facciamoglielo trovare, in qualche modo, al protagonista!»

«Ne è davvero convinto?»

«Non le sembra che abbia abbastanza esperienza? E poi: via gli incesti, via le nozioni di fisica, via i suicidi. Via tutte quelle riflessioni sul senso della vita. A nessuno gliene importa niente!»

«Dice?»

«Dico. Poi magari mentre il personaggio è in fuga, me lo faccia innamorare. Magari… — si ferma a pensare un secondo con gli occhi appena oltre l’orizzonte descritto dalla finestra — magari di una donna sposata!»

«Ma non le sembra un po’ banale?»

«Banale? Si fidi: è quello che il pubblico vuole»

 

E così, nel gioco, Arturo avrebbe rimesso mano al manoscritto, avrebbe lavorato qualche mese per aggiustare la trama, limare i dialoghi, cancellare qualsiasi cosa potesse in qualche modo non essere appropriata. Via l’odore di incesto, via i suicidi. Via tutte quelle inutili riflessioni sulla vita. Via tutto. E si sarebbe ritrovato seduto in una sala di attesa, con il suo nuovo manoscritto, un’opera finalmente digeribile, ad aspettare con un sorriso teso in volto e le mani sudate di conferire con l’editore di un possibile successo, un successo che magari necessitava ancora di qualche piccolo ritocco qui e lì, piccole cose appena, questione magari di pochi giorni di lavoro.

 

Però il gioco finisce qui. Perché Il passeggero di McCarthy probabilmente non è un libro perfetto, ma è un libro a cui non interessa la perfezione. È un’opera strana, anarchica, disturbante. Quasi il negativo fotografico di un romanzo.

È un libro straordinario, uno di quei libri che, ne sono certo, continueranno a camminarti accanto per tutta la vita.

 

Bene allora che McCarthy non sia stato un giovane scrittore ambizioso nato a metà strada tra Frosinone e Latina, un ragazzo alla ricerca di successo. Bene che Il passeggero risulti un libro in qualche modo inaspettato, a tratti — forse — indigesto. Un’opera spaventosa, grandiosa, terribile. Bene, allora, che sia così.

Antonello Sarro

È nato a Viterbo nel 1977. Ha conseguito laurea e dottorato di ricerca in Letteratura Italiana presso l’Università degli Studi di Siena. Nel 2019 ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti Chi può essere a quest’ora? per GD Edizioni. Attualmente vive e lavora a Firenze.

Lettura consigliata
Il passeggero
Cormac McCarthy
Nel cuore di una fredda notte del 1980, Bobby Western indossa la sua muta da sommozzatore e si tuffa nelle nere profondità della baia del Mississippi. Laggiù scorge il profilo di un aereo con nove corpi in cabina, gli occhi vuoti e le braccia protese verso un gelido abbraccio. Che fine ha fatto il fantomatico decimo passeggero? Quali oscure macchinazioni cela la sua scomparsa? Dolente viandante del mondo da sempre braccato dalla perdita e dalla colpa, ora Bobby deve tornare a fuggire, inseguendo la libertà e il ricordo di una donna per sempre irraggiungibile. Cormac McCarthy ritorna con il suo romanzo più atteso e ci stupisce e conquista con un'opera di disperata bellezza e apicale bravura.