Rivista La città dei lettori

Il tavolo del vento

By 12 Ottobre 2022 No Comments

Il tavolo del vento

Niccolò Fanelli

Tutto sommato è una bella serata. Il primo sole estivo ha smesso di martellarci la schiena e un timido ventolino, che si era perso tra i grovigli di colline e valli, si è ritrovato ad accarezzarci la fronte mentre prepariamo i tavoli in terrazza per il servizio della sera. Molti sono dell’idea che il cameriere sia un lavoro tra i meno desiderabili, appunto perché lavoriamo mentre gli altri si divertono, ma a me francamente non dispiace. I colleghi sono apposto e la paga è onesta. Inoltre credo che fare il cameriere ti offra qualcosa di veramente prezioso. Ti offre uno spioncino sulle vite degli altri. Un suggerimento appena accennato che la buona creanza dovrebbe esorcizzare con poco.

 

Purtroppo per loro sono vittima della curiosità maleducata di chi scrive e non posso fare a meno di ficcare il naso. Io sono questo. Uno spettatore invisibile di centinaia di storie. Chiariamoci, la maggior parte di queste storie non vale la pena raccontarle. Ma tra questa mediocrità ogni tanto emergono delle situazioni che toccano il mio interesse scortese. Di tutte le tipologie di personaggi ce ne sono tre che preferisco. I primi sono i solitari. Da non confondere con gli emarginati. La loro è una scelta. Li chiamo gli Eremiti. Misteriosi, affascinanti. Mi provocano anche un po’ invidia a dire il vero. Ho sempre ritenuto andare da soli al ristorante come un gesto di estrema indipendenza e libertà. Sanno sempre cosa vogliono, perché non devono condividere il cervello o i gusti con nessun altro. Dopo ci sono i Sibilanti, quelli delle mezze verità. A seconda di chi è presente al tavolo i toni e le parole sono addomesticati in maniera diversa. Devo essere onesto. Ogni volta spero che scappi qualcosa di inconfessabile e il castello di carte crolli in modo rovinoso e teatrale. Grida, lacrime, sangue e crostini. Purtroppo per ora mi sono sempre accontentato delle cattiverie che si dicevano alle spalle o dai messaggi nascosti con poca credibilità. Infine ci sono quelli più malinconici. Gli Arresi. Li vedi dagli occhi. Chi ha deciso di smettere di provare. Quelli a cui le cose non sono andate così male da potersi lamentare ma sufficientemente da trascinarli in una melma densa di nulla.

 

E poi ci sono stati loro. Ci penso ancora.

 

Quella sera avevamo apparecchiato un tavolo per due in più. Sulla terrazza. Non era una serata mansueta come oggi. Era caldo ma il vento si incanalava lungo il muro laterale del ristorante in maniera un po’ fastidiosa. Lo ricordo perché ci siamo dovuti ingegnare non poco per tenere tutti i tavoli al sicuro lungo il muro posteriore, così da creare una zona di bonaccia per non disturbare i clienti. Tutti tranne quel tavolo per due.  Caso volle che verso le ventuno circa varcò la soglia questa coppia abbastanza giovane. Spiegai loro che l’unico tavolo rimasto libero aveva questa posizione esposta alla corrente che poteva disturbare ma sembrò importagli poco e si accomodarono al tavolo del vento. Mentre si sistemavano li guardai meglio. Erano una bella coppia. O meglio. Una coppia normalissima, una di quelle che quando passano nonostante siano una coppia normalissima dici “che bella coppia”. Inoltre mi erano familiari. Ero sicuro di non conoscerli ma i loro volti non mi erano nuovi. “ecco il menù signori, perdonatemi ma mi sembra di avervi già visti, è possibile?” quelle parole mi presero alla sprovvista per la velocità e l’impudenza con le quali mi scapparono di bocca ma non mi sentii in difetto. “beh” prese parola il ragazzo “effettivamente siamo due attori abbastanza famosi, quindi gradiremo un po’ di discrezione, capisce?” “non è vero, non siete attori” dissi io “magari siete due ricercati di cui ho visto la foto sul giornale” al che fece la ragazza “perché, lei legge ancora il giornale?” “no ma potrei avervi visto su internet magari” e lui “no, non mi ci vedo come fuggitivo” “probabilmente ha ragione” continuai “quindi? Che prendete?” la ragazza tirò su dei profondissimi occhi nocciola incorniciati dalla montatura nera degli occhiali. Mi accorsi che era davvero affascinante, non era bella, aveva la pelle un po’ danneggiata e il naso piuttosto pronunciato ma comunque emanava un fascino raro. “e come potremmo saperlo ancora, stavamo parlando con lei” disse ridendo “ha ragione, volevo vedere se potevate essere due robot magari” risposi io e tornai a fare altro mentre sfogliavano la carta, impresa non facile poiché il vento aveva ricominciato a soffiare. Dopo qualche minuto tornai da loro “allora re di quadri e regina di fiori, avete deciso?” prese parola la ragazza con gli occhi nocciola “prendiamo un menu casuale, scelga lei, come se fossimo parte di un suo dipinto” quella frase mi fece sorridere, ma non un sorriso di cortesia, più un sorriso di complicità “perfetto, menù a sorpresa sia”. Di lì a poco presi i piatti dalla cucina e mi diressi verso il tavolo degli sconosciuti. Non trattenni una risata per il contrasto che emergeva nel vedere una vecchia coppia di Arresi, con il loro tavolo ancorato sulla terrazza di bonaccia, a pochi passi dalla coppia che rideva in maniera sgraziata mentre il vento muoveva freneticamente i loro capelli. Due mondi ad un metro di distanza pensai. A malincuore dissi loro “signori, si è liberato un tavolo più centrale, se la corrente vi dà fastidio potete pure cambiare posto” il ragazzo mi sorrise “e perché mai, noi due siamo dei pirati in realtà, o forse dei marinai” fui sollevato da quella risposta “e allora che il vento vi sia in poppa gonfi le vele, prego, la prima portata” dopodiché lasciai i piatti e tornai a lavoro. E così andò avanti tutta la sera. Arrivavo al tavolo ed inventavamo storie su chi fossero poi mi allontanavo e li osservavo mentre infastidivano tutti con i loro modi surreali. Quasi fossero i personaggi di una canzone. Una di quelle che si canta nelle piazze alle feste di paese, mentre il vento le sparge in tutte le vie. Erano due dottori o magari due pazzi. Finalmente capii. Portai loro il conto “siete stati bene signori?” feci risoluto “benissimo” disse la ragazza “ci siamo divertiti soprattutto a fare quel gioco, a questo punto mi sembra educato presentarci” “non serve” la fermai “ho capito chi siete. Voi siete l’ottavo racconto” “in che senso” mi spronò curioso il ragazzo “è ovvio” continuai non nascondendo un certo orgoglio in ciò che stavo per dire “non siete parti di un quadro come sostenevate prima, siete personaggi di un racconto. Nello specifico l’ottavo. Il racconto mancante in Amori ridicoli” erano un po’ confusi ma non mi fermai “vedete, voi facevate parte di quel libro, è che il vento vi ha fatti volare via. Siete Nina ed Hubert” conclusi la mia tesi e attesi spavaldo una loro risposta “questo sì che è interessante” rise Hubert “mi piace”. Nina lasciò i soldi del conto ed alzandosi disse “beh, ora che ci hai trovati non ti resta che ricatturarci cameriere scrittore” poi, in silenzio mi fecero un cenno e si avviarono accompagnati dalla brezza. Feci un mezzo sorriso e mi voltai per tornare a lavoro ma il tavolo del vento catturò il mio sguardo. Scostai la sedia di Nina e quasi per automatismo mi misi a sedere. In silenzio. Stuzzicato dal quel vento scortese complice di ogni mia bugia.

 

 

* Questo racconto è stato scritto e selezionato tra maggio e giugno 2022 per la Rivista La città dei lettori durante il corso Scrivere un racconto curato da Luca Ricci e promosso da Fenysia – Scuola di linguaggi della cultura 

Niccolò Fanelli

È nato a Firenze il 20 dicembre 2000. Diplomato al Liceo Scientifico Gramsci-Keynes di Prato, è oggi iscritto all’Università degli Studi di Firenze alla Facoltà di Lettere.

Lettura consigliata
Amori ridicoli
Milan Kundera
Kundera ha detto una volta che aveva scritto Amori ridicoli «con maggior divertimento, con maggiore piacere» di tutti gli altri suoi libri, salvo Il valzer degli addii. Quel divertimento, quel piacere si trasmettono a ogni lettore, irresistibilmente, appena apre queste pagine. In sette racconti, composti in una forma chiusa e perfetta, piena di corrispondenze, Kundera lascia che si sfreni il suo estro vaudevillesco. Si tratta sempre di amore, in queste storie. Ma un amore a cui si accompagna ogni volta un altro elemento, la mistificazione, con effetto deflagrante. Il mondo, quale si presenta con aria di seriosa compostezza, va felicemente in pezzi sotto i nostri occhi, frantumato dalla duplice spinta dell’eros e della mistificazione. E l’essenza amorosa, nella sua leggerezza e nel suo pathos, si sprigiona finalmente, come liberata da una costrizione. Al segreto della forma di questo libro accenna con la massima precisione un apologo raccontato da uno dei suoi personaggi: «“Immagina di incontrare un pazzo che pensa di essere un pesce e che noi tutti siamo dei pesci. Ti metterai a discutere con lui? Ti spoglierai davanti a lui per dimostrargli che non hai squame? Gli dirai in faccia quello che pensi? Su, dimmi!”. Il fratello taceva ed Eduard continuò: “Se tu non gli dicessi niente di più della pura verità, solo ciò che davvero pensi di lui, accetteresti una conversazione seria con un pazzo e diverresti tu stesso un pazzo. E la stessa cosa avviene col mondo che ci circonda. Se io mi ostinassi a dirgli in faccia la verità, significherebbe che lo prendo sul serio. E prendere sul serio una cosa così poco seria significa diventare io stesso poco serio. Fratello caro, io devo mentire se non voglio prendere sul serio i pazzi e diventare pazzo io stesso”». I racconti di Amori ridicoli sono stati scritti tra il 1959 e il 1968.