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Le caramelle più costose del mondo

By 25 Gennaio 2022 No Comments

Le caramelle più costose del mondo

Alberto Schiavone

Si può imparare da un libro? Crescere, migliorare, riempirsi? Mi è successo.

Questo non è un libro sul conflitto tra Israele e Palestina. Sull’occupazione. Sulla storia di una guerra che pare non avere ancora fine. Nessuno si senta offeso, il torto ci abiterà comunque.

 

Il proiettile che uccise Abir aveva attraversato l’aria per quindici metri prima di colpirla dietro la testa, frantumandole le ossa del cranio come quelle di un minuscolo ortolano. Era andata in drogheria a comprare delle caramelle.”

 

Le caramelle più costose del mondo, le dichiarerà nel tempo suo padre Bassam.

È un libro che non è un romanzo e non è un resoconto. È la trascrizione geografica del dolore, quindi infallibile. 

 

“Piano piano Bassam si rese conto che la sola cosa ad accomunarli era che entrambe le parti un tempo volevano uccidere gente che non conoscevano.”

 

Bassam e Rami sono due uomini, uno palestinese e uno israeliano. Hanno dimenticato l’odio e la pigrizia di chi parteggia, per combattere soltanto in un’altra direzione, vaga e sperduta, quella della pace. Hanno perso le loro figlie bambine. Uccisa da uno sparo alla nuca dal fucile di un soldato diciottene Abir. Dilaniata in un attentanto suicida per strada Smadar.

 

“Bassam e Rami giunsero gradualmente a capire che avrebbero usato la potenza del loro dolore come arma.”

 

La narrazione è organizzata in paragrafi. Dall’uno al cinquecento. Poi il milleuno. Di nuovo quindi dal cinquecento all’uno. Il filo rimane teso, come il cavo di acciaio del funambolo Philippe Petit nel maggio del 1987 sulla Valle dell’Hinnom. Alle spalle la Città Vecchia, davanti il Monte Sion.

 

Ci sono le vite dei due padri offesi dal lutto. Ci sono le tracce delle due vite cancellate dalla violenza. C’è il lavoro di chi si sveglia e decide per l’esercizio ridicolo e sbeffeggiato della pace. Della parola. Della ricerca dell’altro. Quanto ci pare anacronistico oggi pensare alla pace, oggi che siamo chiusi dentro un incubo ovattato e burocratico dettato da un’emergenza sanitaria. Oggi che la guerra è qualcosa di così lontano e quasi fastidioso. Una parola che non sentiamo più. La guerra che però c’è ancora. Anche quella tra Israele e Palestina.

 

C’è una potenza nel nostro dolore che obbliga a scansare la cronaca, l’attuale. La trafila dell’inaudito percorre i cieli, come stormi di uccelli che in questo libro vogliamo seguire, affaticati da rotte infinite, uccisi da incidenti e ostacoli. Il volo libero come aspirazione e augurio, come preghiera per chi subisce, per chi è catturato, per chi è vittima del proprio orrore.

 

“Ieri ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Oggi sono saggio e ho cominciato a cambiare me stesso.”

 

Ho imparato molto in queste pagine, e mi rendevo conto mentre imparavo che questa esperienza mi mancava, non mi succedeva più tanto spesso. Mi sono stupito che da un libro mi arrivasse un regalo. Me ne sono dispiaciuto, di questa mia sopresa. Io che di libri vivo da sempre. 

Solo vivere, importa. È un messaggio dei tanti che ritorna dentro Apeirogon. Mi è parso di essere raggiunto dal suono dei secoli, proprio come Petit mentre attraversava la valle su un cavo spesso due centimetri. Voci di anime alte, volti gentili. Le urla della morte disinnescate, come raramente si riesce a fare invece con gli ordigni bellici, campioni di performance e ricchezza per ogni latitudine.

 

Ma non importa, il tempo vince e comprende gli universi, anche quelli dove si sbaglia.

 

Questo di Colum McCann, irlandese di Dublino trasferito a New York, è un regalo del mondo di oggi, della scrittura e dell’artigianato. Sono molto curioso del film che Steven Spielberg ne trarrà. 

 

È un architettura complicata e analogica con una lingua trascritta facile e felice. Alla maniera dei signori della guerra, che osservano e imparano dagli stormi di uccelli quale possano essere le strategie più efficaci, possiamo accettare un’opera d’arte come sollievo e conforto e persino soluzione. Dai nostri mali al nostro bene luminoso.

 

“Non finirà finché non parliamo.” 

 

Questo è anche un libro sul conflitto tra Israele e Palestina. Sull’occupazione. Sulla storia di una guerra che pare non avere ancora fine. Nessuno si senta offeso, il torto ci abiterà comunque. 

 

Apeirogon: un poligono con un numero infinitamente numerabile di lati.

Alberto Schiavone

È nato a Torino nel 1980, vive e lavora a Milano. Ha pubblicato La libreria dell’armadillo (Rizzoli, 2012), Ogni spazio felice (Guanda 2017, Premio Fiesole Narrativa under 40) e Dolcissima abitudine (Guanda 2019), oltre a due graphic novel: una dedicata a John Belushi (BD 2014) e l’altra a Georges Simenon (BD 2021). Per Edizioni Clichy ha curato i volumi della collana Sorbonne dedicati a Maradona e Bohumil Hrabal. Sempre con Edizioni Clichy, nel 2023, è uscito in libreria con il romanzo Non esisto. Attualmente vive a Milano e lavora per l’editore Feltrinelli.

Lettura consigliata
Apeirogon
Colum McCann
Bassam Aramin è palestinese. Rami Elhanan è israeliano. Il conflitto colora ogni aspetto della loro vita quotidiana, dalle strade che sono autorizzati a percorrere, alle scuole che le loro figlie, Abir e Smadar, frequentano, ai checkpoint. Sono costretti senza sosta a negoziare fisicamente ed emotivamente con la violenza circostante. Come l’Apeirogon del titolo, un poligono dal numero infinito di lati, infiniti sono gli aspetti, i livelli, gli elementi di scontro che vedono contrapposti due popoli e due esistenze su un’unica terra. Ma il mondo di Bassam e di Rami cambia irrimediabilmente quando Abir, di dieci anni, è uccisa da un proiettile di gomma e la tredicenne Smadar rimane vittima di un attacco suicida. Quando Bassam e Rami vengono a conoscenza delle rispettive tragedie, si riconoscono, diventano amici per la pelle e decidono di usare il loro comune dolore come arma per la pace. Nella sua opera più ambiziosa, Colum McCann crea Apeirogon con gli ingredienti del saggio e del romanzo, e ci dona un racconto nello stesso momento struggente e carico di speranza. Un romanzo che ha la forma di un poligono con un numero infinito di lati, che attraversa i secoli e i continenti, cucendo insieme il tempo, l’arte, la natura e la politica, per raccontare l’epica storia vera di due uomini divisi dal conflitto e riuniti dalla perdita.