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L’invenzione di sé e di una vita da donna

By 31 Agosto 2022 No Comments

L’invenzione di sé e di una vita da donna

Cristina Marconi

Cosa è una vita da donna? Una vita in cui il corpo fa molte sorprese, in cui si girano film erotici senza sesso ma divertendosi più che con il sesso, in cui si cerca di ricostruire il proprio passato di quando donna non si era ancora. Basta questo? Avventurandosi con grazia in una sfera in cui solitamente si inizia a litigare molto presto, nel suo ultimo libro Letizia Muratori si interroga sull’identità femminile e sulla costruzione di ciò che di fatto fa di una vita, una vita da donna. Da narratrice consumata, la scrittrice ci invita nelle pagine del suo ultimo lavoro con un aneddoto personale, una di quelle vicende fisiche e ormonali che spesso, ma non qui, hanno lo scopo di definire un perimetro e quindi escludere: la storia di un seno cresciuto oltre misura durante un’adolescenza esplosa di botto e ridotto grazie a un intervento chirurgico prescritto da una saggezza femminile che aleggia per tutto il libro e di cui nella prima parte si fa portatrice la nonna materna, una che non si lasciava spaventare da “niente che avesse a che fare con il corpo”, corpo malato, corpo vestito, corpo infantile, corpo sociale . Un tono familiare e affettuoso, quello del libro, che rimane fino alla storia finale, la vicenda irresistibile di Lilia, zia lunare in costante dialogo con Satanasso e decisa a mettere in guardia la narratrice dai suoi demoni in un momento di vulnerabilità, quando la pandemia e soprattutto la malattia della madre le stanno portando via i fondamenti del mondo. 

 

Una vita da donna è un libro che alle domande che assillano il nostro presente e che di solito ci vedono polemici, ideologici e spaccati risponde raccontando storie con un ecumenismo laico e amorevole che ricorda, solo in quello ma non è poco, l’approccio di certi film di Pedro Almódovar. Le storie di irregolari che racconta Muratori non hanno nulla della retorica ormai logora delle ragazze ribelli: si tratta di personaggi come Blaze Starr, attrice di burlesque che portava una sorta di “culo di capelli in testa”, un terzo attributo sessuale che si era inventata lei, oppure Chesty Morgan, una che sul petto monumentale di cui Muratori ragazzina si era fatta un cruccio ha creato una carriera, fino, tra le altre, a Doris Wishman, la regista peggiore della storia a detta di molti, una che nel genere sexploitation riesce a mantenere da una parte un’innocenza preadamitica, dall’altra una tenacia impressionante nel raggiungere i suoi scombinati obiettivi artistici. “Doris chiedeva alle sue eroine solo di annoiarsi, ma bene, mettendocisi d’impegno”, scrive Muratori: “E a una ragazza annoiata, in fondo, poteva succedere di tutto”. 

 

In una lettera immaginaria di Wishman alla narratrice, Una vita da donna accenna anche alla vicenda di Leo Wollman, medico che rilasciava “patenti di transessualità” dopo una sorta di esame: “Se passavi, non eri come qualcuno pensava allora, uno svitato che coltiva l’ossessione di evirarsi, eri una donna intrappolata nel corpo di un uomo. Si dice spesso nel corpo sbagliato, quasi contasse più l’errore dell’esito spaventoso che comporta: un maschio che, suo malgrado, ti tiene in prigione”. Un medico normale, il dottor Wollman – uno “che ti accoglie in studio, asciugandosi le mani” – e che dopo una visita, se nella testa della paziente “ci trovava un’ergastolana, intrappolata a vita nel corpo di un uomo, allora le dava il permesso di evadere”. 

 

Ed è proprio intorno alla storia di una di queste “ergastolane” che si sviluppa la parte centrale e più interessante di Una vita da donna. Muratori ci racconta una storia che ha lasciato “un solco profondo nella mia immaginazione”, quella di Zoe, nata Luca – nome di fantasia – ultrasessantenne donna da soli tre anni, e della sua ricerca di un passato femminile, di memorie in grado di dare spessore e completezza a una scelta arrivata tardi ma maturata nel corso di tutta una vita, una vita da uomo sposato con l’amata Marta, con cui rimarrà anche dopo la transizione. “A pensarci bene, avendo a disposizione solo il corpo di un uomo, cos’altro poteva fare per ritrovarsi, per sentirsi viva? Ci si vergogna, forse, di soffrire la sete?”, si chiede Muratori. Incurante delle schegge di un dibattito il più delle volte molto violento e delle ire degli “offesi di tutto”, la scrittrice si prende il suo tema e lo guarda da vicino, con tutta l’umanità che i suoi lettori conoscono nelle sue pagine e con una bussola morale che la porta naturalmente alla comprensione, alla risata, a un giudizio onesto e per questo sempre struggente, eredità di una madre malata, figura centrale del libro, restituita interamente in pagine toccanti che la vedono alle prese con Giovanna, portatrice di immagini e di avventure per salvare le due donne dal “mondo subacqueo” della malattia e, in ultima istanza, donna da sposare secondo la madre di Muratori: “Giovanna era di sicuro molto meglio degli uomini che avrei incontrato”. 

 

Come scrisse Carlo Mazza Galanti in un articolo su «Internazionale», Muratori è una scrittrice vera, prolifica, con uno stile proprio e riconoscibile, con un modo di raccontare. Nei suoi lavori “splende un continuo, paziente filare parole, creare un tessuto delicato e ricco non soltanto di suoni e stili, ma di emozioni e tracce di vita che a quelle parole corrispondono con precisione sempre più accurata, di libro in libro”. In Una vita da donna, felice connubio di reportage e di mémoir in cui le storie e il mondo circostanti non vengono mai persi di vista e anzi, se necessario fanno da volano per l’introspezione, lo fa partendo da casa e andando molto lontano prima di tornare nel suo mondo a dialogare con una parente lunatica e struggente, descritta con quella festosità dell’animo, già sottolineata da Elena Stancanelli, che non abbandona mai le sue pagine.

 

Scrive Muratori che i suoi personaggi non rischiano nulla “perché abitano nei miei libri, luoghi inviolabili dove tutto va secondo i piani”. Muratori confessa: “Ho la vocazione ortopedica, scrivo contro la vita, la correggo”. Ma questa ortopedia non è mai ideologica, ed è per questo che chiunque volesse avventurarsi tra le pagine di Una vita da donna sperando di trovare nuove munizioni per qualche battaglia schematica rimarrà deluso: l’autrice non ama la schwa ma pensa che la femminilità non sia questione di organi. Mentre qualcuno resta sopra a litigare, sotto la scrittrice ci suggerisce la sua veritá, ossia che alla fine quello che amiamo sono gli esseri umani e il loro modo di tenersi vivi. “Chissene frega dei maschi, la vita era la mia: una vita da donna”.

Cristina Marconi

Vive dal 2011 a Londra, da dove scrive per «Il Messaggero», «Il Foglio» Il Foglio e altre testate. Laureata in Filosofia alla Scuola Normale di Pisa, insegna scrittura alla scuola Belleville. Con Città irreale (Ponte alle Grazie) è stata nella dozzina del Premio Strega, ha vinto il Premio Rapallo Opera Prima e il Premio Severino Cesari. Nel marzo del 2021 è uscito: A Londra con Virginia Woolf. A maggio del 2022 ha pubblicato con Neri Pozza il libro Come dirti addio. Cento lettere d'amore da Saffo a Garcia Lorca. Insegna scrittura alla Scuola Belleville di Milano, la città dove ora abita.

Lettura consigliata
Una vita da donna
Letizia Muratori
Doris Wishman è stata una regista meno celebre di Ida Lupino, ma anche una professionista assai prolifica in anni in cui, per una donna, non era facile esserlo. Pragmatica e determinata, quando non trovava soldi per dirigere uno dei suoi leggendari B-movie, si dedicava con la stessa applicazione e lo stesso disincanto a vendere oggettistica dedicata in un sexy shop. Quella di Wishman è una storia poco nota che andava raccontata, anche perché aiuta a capire come il sesso e il genere abbiano una geometria variabile, spesso per ragioni molto diverse da quelle che immaginiamo. Zoe, ad esempio, un’altra figura che incontriamo in queste pagine, per sessantadue anni ha vissuto da uomo e decide di affrontare la transizione uomo – donna molto tardi. La spinge un desiderio legittimo, sottile e fortissimo: quello di vedere almeno un tratto della vita che si era sempre raccontata coincidere con quella che vive. Quanto a Giovanna, corre per Roma, la fotografa e ha un amore americano difficile da etichettare: ma se le si chiedesse che cosa sia, ognuno dei suoi gesti, non si fermerebbe a rispondere. Neanche Letizia Muratori temporeggia in spiegazioni, si lascia continuamente sorprendere e smentire. E se le si chiedesse cosa siano queste storie – un documento, un’indagine, un’invenzione – probabilmente non risponderebbe neanche lei. O non le avrebbe scritte. Ciò non toglie che a fine lettura la “vita da donna” del titolo risulti essere quello che è: una conquista.