Rivista La città dei lettori

Siamo nulla senza una storia

Siamo nulla senza una storia

Antonio Fusco

«Cosa unisce le persone?», si domanda Tyrion Lannister di fronte ai superstiti delle principali casate di Westeros, radunati nella Fossa del Drago di Approdo del Re, nel finale di Game of Thrones, la serie televisiva HBO creata da David Benioff e Daniel B. Weiss e ispirata al ciclo di romanzi di George R.R. Martin, «le armate? L’oro? Le bandiere?». Niente di tutto questo: «Le storie. Non esiste nulla di più potente di una bella storia. Niente è in grado di fermarla. Nessun nemico può sconfiggerla».

 

Su una storia comune si fonda il senso di appartenenza a una comunità. Siamo noi perché siamo dentro la stessa storia, gli altri, i diversi da noi, ne hanno una differente. La narrazione ci unisce ma può anche dividerci. Ci fa appartenere a mondi possibili che sono già stati o che avverranno. In tal modo, possiamo restare sospesi in un presente definito, che assume un senso. Che non affonda nell’abisso delle mille domande senza risposte. Le storie sono scialuppe che galleggiano nel tempo.

 

Ma cosa accade a chi, improvvisamente, è costretto a uscire da una storia che non gli appartiene più? Da una storia bruciata, dal finale incerto e sconosciuto?

 

Succede che “il tempo si lacera”. E allora ci si chiede: “Dove ritrovare i prati della mia infanzia? I soli ellittici rappresi nello spazio nero? Dove ritrovare il cammino che oscilla nel vuoto? Le stagioni hanno perduto il loro significato. Domani, ieri, che vogliono dire queste parole? Non c’è che il presente. Una volta nevica. Un’altra volta piove. Poi c’è un po’ di sole, un po’ di vento. Tutto ciò è adesso. Non è stato, non sarà. È. Sempre. Tutto insieme. Perché le cose vivono in me e non nel tempo. E in me tutto è presente.” 

 

Nel 1956, l’Armata Rossa entra in Ungheria per soffocare la rivolta popolare che chiede libertà. Agota Kristof scappa, con il marito e la figlia, e si stabilisce a Neuchâtel, in Svizzera, per lavorare in una fabbrica di orologi.

Lascia la propria ed entra in una storia che non le appartiene. Una storia triste, senza speranza. Solo qualche misero frammento della perduta felicità si è salvato in angoli sperduti della memoria. Proviene da Ieri.

 

“Ieri ho vissuto un istante di felicità inattesa, immotivata. È venuta verso di me attraverso la pioggia e la nebbia, sorrideva, fluttuava al di sopra degli alberi, mi danzava davanti, mi circondava. Io l’ho riconosciuta. Era la felicità d’un tempo remoto, quando il bambino e io eravamo tutt’uno. Io ero lui, avevo solo sei anni e la sera nel giardino sognavo guardando la luna.”

 

Del resto, di ciò che è stato, non è rimasto più niente. Ma è proprio “diventando assolutamente niente che si può diventare uno scrittore”. Anzi, necessariamente, si deve.

 

“Quando si è morti non si può scrivere. Ma, dentro di me, penso di poter scrivere qualunque cosa, anche se è impossibile e anche se non è vera. In genere mi accontento di scrivere nella testa. È più facile. Nella testa tutto si srotola senza difficoltà. Ma, una volta scritti, i pensieri si trasformano, si deformano, e tutto diventa falso. A causa delle parole. Dovunque mi trovi, scrivo. Scrivo mentre vado verso il bus, scrivo nel bus, nello spogliatoio degli uomini, davanti al mio macchinario. Il guaio è che io non scrivo ciò che dovrei scrivere, scrivo qualunque cosa, cose che nessuno può comprendere e che nemmeno io comprendo. La sera, quando ricopio quello che ho scritto nella mia testa durante la giornata, mi domando perché ho scritto tutto ciò. Per chi, e per quale ragione?”

 

Perché siamo nulla senza una storia. Ecco la ragione. Abbiamo bisogno di raccontarci, per riconoscerci, capire chi siamo e che, almeno di noi stessi, possiamo anche non aver paura. 

Antonio Fusco

È nato nel 1964 a Napoli. Laureato in Giurisprudenza e Scienze delle pubbliche amministrazioni, è Funzionario nella Polizia di Stato e Criminologo forense. Ha lavorato a Roma e a Napoli. Dal 2000 vive e lavora in Toscana, dove si occupa di indagini di polizia giudiziaria. Scrive romanzi noir dal 2014. Per Giunti sono usciti con grande successo i romanzi della serie del commissario Casabona: Ogni giorno ha il suo male (2014), La pietà dell’acqua (2015), Il metodo della fenice (2016), Le vite parallele (2017), Alla fine del viaggio (2019), La stagione del fango (2020), Quando volevamo fermare il mondo (2021). Nel 2022 ha pubblicato con Rizzoli Io sono l'indiano. I suoi libri hanno ricevuto numerosi riconoscimenti.

Lettura consigliata
Ieri
Agota Kristof
Tobias Horvath è una creatura del niente. Del passato non gli è rimasto neppure il nome: ha trascorso l’infanzia nella miseria, all’ombra di una madre ladra e puttana, e l’ha accoltellata assieme al padre, per poi fuggire in un altro paese. Il presente è monotono quanto il lavoro nella fabbrica di orologi, con la sua ripetizione di gesti inutili. E il futuro? Il futuro è Line, la donna immaginaria che Tobias aspetta da sempre. E che si materializza con la prepotenza di un’ossessione, confondendo ogni cosa. Con Ieri Agota Kristof ci consegna la storia di un amore impossibile, che non ci si può lasciare alle spalle. «Una lezione di stile, – come l’ha definita Marco Lodoli, – un grido assoluto che ci solleva fin dove l’aria è fredda e trasparente e tutto si vede piú chiaramente»