Spatrietà: si direbbe un neologismo quello cui Mario Desiati si ispira per il titolo del suo romanzo, è in realtà un termine dialettale riportato in un recente “Dizionario martinese-italiano”. E trattandosi di un romanzo la cui vicenda si irraggia a partire dalla località pugliese di Martina Franca, parola e suo significato sono del tutto attinenti alla storia concepita dall’autore.
Spatriato: chi sia nomade e “vagabondo” per indole, per storia personale, per vicissitudini della vita. Chi le radici ha un bel portarsele dentro, di fatto le ha “sparpagliate, disperse, incerte”. L’incontro decisivo, quello tra il protagonista, Francesco Veleno, e Claudia, una ragazza che di lui è un alter-ego al femminile, avviene nel cuneo dell’indefinizione e di una forma di incertezza identitaria diffusa, capillare, che di tale intima dispersione è l’effetto. Uguali i due possiedono l’inquietudine, una stessa vorace e bulimica fame di vita; e affine anche una nostalgia perenne, onnipervasiva, un tenore malinconico che di continuo, come fosse un bersaglio mancato, li fa scegliere e con la stessa energia poi lasciar andare gli oggetti del desiderio. Tra la Puglia e grandi città d’Europa, sino a Berlino, la relazione tra i due è un elastico di rincorse e fughe, modulato al ritmo convulso di una simbiosi dislocata tanto da quasi flirtare con l’ubiquità.
Così, dal punto di vista rifratto di molte angolature della psiche, Francesco e Claudia tessono la trama della loro amicizia amorosa (o amore amicale: le due simmetrie di continuo combaciano), un rapporto a propria volta simbolico di vitalità fatte di vuoti, di tensioni interne che agiscono come trazioni opposte, di un continuo naufragare tra sponde incerte, friabili, in perenne ridefinizione. Sponde identitarie anzitutto (“ci scambiavamo alcune intuizioni sulla nostra identità ma senza coglierne ancora l’essenza”), e sponde geografiche: che nonostante la chiara dicotomia Berlino/Martina Franca, poli assiali della narrazione, però si estendono, si dilatano, danno forma a un mondo finzionalmente concepito prima della pandemia eppure profeticamente post-pandemico per come città e paesi stranieri vi fluttuano dissimili ma similissimi, accomunati da stesso, spatriato destino. Luoghi che come miraggi baluginano in veste di soluzioni definitive, e che subito poi invece falliscono, deludono, accendono il desiderio di spatriarsi ancora, ovvero smarrirsi, ritrovarsi, viaggiare, tornare, morsi da una nostalgia che è Sehnsucht, struggimento perenne e inquieto e vagabondo quanto di per sé necessario a sopravvivere, a barcamenarsi tra la spinta centrifuga dell’espatrio e quella centripeta del raccoglimento in un bozzolo che più che radice, è matrice.
Spatriati è un libro bellissimo, resta stampato nel ricordo per una tensione erotica costante, frutto della duplice e simultanea ricognizione di territori che Desiati mette in atto attraverso un‘architettura narrativa perfetta nel suo sdoppiamento. Da un lato, i confini reali, dall’altro, quelli immaginari; limes geografici disegnabili su una mappa, e per converso i contorni dell’anima, un’anima che si cerca tra gli archetipi e solo tra due ego speculari trova orientamento, afferrando e impossessandosi di quella particolare bussola che sposta l’ago dalla linearità di maschile e femminile, invece su un’androginia intesa come disposizione mentale ancor prima che come consistenza ibrida delle identità. Nell’abbracciare ogni versione di sé stessi, nella particolare ebrezza liberatoria che un vivere tra archetipi contigui regala, l’amore tra confini sconfinati (spatriati) rende più vivibile la vita. Assestandosi su una natura anfibia, come quella che Francesco e Claudia costruiscono nel chiaroscuro ambivalente del loro legame, quella natura anfibia che finisce con l’imporsi come la sola possibile, tenace e resiliente di fronte a ogni tormento di nostalgia, l’unica che offra attrezzatura necessaria per resistere al tempo, alle insidie del suo magmatico fluire. Spostando ogni volta più in là qualsiasi meta, inafferrabile come inafferrabile, per chi è spatriato, è giocoforza continui a essere il bersaglio.