I miei genitori si erano separati da pochi mesi e quello sarebbe stato il primo viaggio senza la mia famiglia al completo. Insieme a me e mio padre, avrebbe viaggiato la nuova compagna di mio padre, Ming, una ragazza cinese poco più grande di me. Sono stati anni difficili, ne porto addosso gli strascichi. Non volevo partire per quel viaggio perché avrebbe consacrato il definitivo tramonto della mia famiglia. Mia madre da una parte, mio padre dall’altra. Ero affranto, ma dovevo pur partire, se non volevo rinunciare a quella vacanza. E quindi partimmo. Andammo in Cina, nei luoghi più inesplorati dal turismo di massa che cominciava ad attecchire a Pechino e dintorni. Visitammo il paese dove Ming era cresciuta.
Ero emozionato di visitare la Cina, quella autentica, ma ero terrorizzato all’idea di viaggiare con la fidanzata di mio padre. E se durante il viaggio si fossero baciati davanti a me? E se in aereo si fossero dati la mano? E se la notte avessero fatto l’amore e io, per sbaglio, li avessi sentiti? Non potevo partire disarmato. Mi serviva qualcosa per distrarmi. Due giorni prima della partenza, andai nel salotto della nuova casa di mio padre, quella casa dove saremmo dovuti andare a vivere tutti insieme ma che invece divenne la casa di Ming. Frugai nella piccola libreria alla ricerca di un libro che parlasse dei luoghi che ci saremmo apprestati a visitare. Trovai un libro con un titolo giallo e arancione che catturò la mia attenzione: La porta proibita. L’autore era un certo Tiziano Terzani, mai sentito prima d’allora. Non sapevo ancora che quel giornalista mi avrebbe cambiato la vita. E non sapevo ancora che quel libro mi avrebbe salvato da quel viaggio doloroso.
Fu amore a prima vista, amore a prima lettura. Già in aeroporto, m’immersi nell’universo parallelo di quelle pagine. Avevo un rifugio, avevo parole verso cui fuggire. In aereo con Ming e mio padre seduti l’uno accanto all’altra, io potevo far finta di non vederli tuffandomi nelle pagine di quel testo. Quelle parole mi eccitavano, perché i luoghi che vi erano narrati, erano i luoghi che mi apprestavo a visitare. «Arrivai a Pechino e fui colpito da come quella straordinaria città, mutilata una volta dalle pretese urbanistiche dei comunisti, veniva distrutta una seconda volta dalle irrispettose esigenze di una forma di modernità che cominciava a essere importata dall’Occidente. Ne scrissi con disperazione, sperando che qualcuno fermasse quel delitto. Oggi posso solo constatare che quell’opera di annientamento di Pechino, meraviglia del mondo, è stata portata a compimento nell’indifferenza generale». Letteratura come asilo della mia anima ferita. Non mi spaventavano più le effusioni d’amore tra mio padre e la sua nuova compagna. Io pensavo a leggere: «Il passato è un indispensabile guida per chi vuol visitare il presente o immaginarsi il futuro. In tutti i miei viaggi mi porto sempre dietro i libri di qualcuno che ha percorso quella strada prima di me. Non solo mi fanno compagnia, ma me ne servo come termine di paragone, come misura di quel che vedo. Allo stesso modo può essere utile questo libro di quattordici anni fa per chi voglia viaggiare fisicamente, o anche solo di testa, nella Cina di oggi». Il conforto di una melodia letteraria.
A me quel libro serviva per capire la Cina, serviva a farmi distrarre, e inaspettatamente divenne la prima scintilla di quel fuoco sacro che ancora mi porto dentro: il fuoco sacro della scrittura. Fu quel libro che iniettò dentro di me, forse per la prima volta, l’ardore di scrivere, il furore di viaggiare e raccontare gli altri. Se non ci fosse stato quel libro, forse non avrei iniziato a fare il giornalista. E poi c’è tanto altro. Se non avessi incontrato Terzani quel giorno di luglio, forse non sarei cambiato come persona. Terzani mi ha insegnato a vivere una vita in cui riconoscermi. Mi ha insegnato che c’è spirito oltre la materia. Mi ha insegnato a guardarmi dentro. Senza di lui, non avrei scavato dentro di me per anni attraverso la psicanalisi, non avrei compreso il valore del matrimonio (un rito imprescindibile per Tiziano), non avrei sposato mia moglie, non avrei una figlia meravigliosa. La lezione di questa storia è quella che insegnava Terzani stesso: quelle che possono apparire condanne, possano rivelarsi occasioni di cambiamento. Quella che doveva essere una maledizione – la separazione dei miei genitori – mi ha certamente fatto soffrire, però mi ha portato verso traiettorie inesplorate e mi ha condotto alla vita, bellissima, che stringo adesso nelle vene.